Carta dei diritti della terra coltivata : promossa dall’economista Andrea Farinet e dallo scrittore Giancarlo Roversi è un documento che vuole difendere la fertilità naturale del suolo dalle forzature agronomiche (monocoltura) e chimiche orientate alla massimizzazione della sua potenzialità produttiva, ma che a lungo andare riporta il suolo allo stato minerale di sterilità. Segnali di questo tipo sono già visibili in Africa, negli Stati Uniti, in Cina.
Il documento potrebbe essere proposto alle nazioni che partecipano ad EXPO 2015
I DIRITTI DELLA TERRA- Quattro i pilastri fondamentali: dignità, integrità, naturalità e fertilità. Sanciti dalla carta universale, redatta da Farinet insieme a Giancarlo Roversi e frutto di un lavoro di ricerca durato più di due anni. Per riuscire a preservare al meglio la realta agricola italiana e internazionale. Inaugurando un percorso di condivisione con le più importanti organizzazioni agricole e ambientaliste mondiali. «Fino adesso», afferma Vandana Shiva, «siamo stati ciechi di fronte ai bisogni della terra. Anche perché la terra è generosa e ci permette di prendere senza chiedere mai indietro».
SOPRAVVIVENZA UMANA – Un prendere incessante che, nei secoli, ne ha compromesso le funzioni vitali. Tra sfruttamento del suolo, uso di pesticidi e lo spreco di terreni fertili per l’urbanizzazione. «La fertilità della terra», prosegue Shiva, «è un aspetto centrale perché è connesso con la sopravvivenza delle persone. La produzione di cibo, infatti, deve avvenire tramite processi naturali e non chimici. È assurdo che il biologico venga visto come un lusso, quando invece è la base di quello che dovrebbe essere il cibo».
IL RUOLO DI EXPO 2015 – Un punto di partenza per ripensare al valore della terra sarà Expo 2015. In cui, tra 700 giorni, l’Italia sarà chiamata a fare la sua parte insieme agli altri Paesi. E dove la carta dei diritti della terra coltivata potrebbe essere una buona opportunità per cominciare a cambiare la direzione delle cose. «L’obiettivo», spiega Farinet, «è trasformare Milano nella capitale mondiale della salvaguardia della terra. Dopo la carta, infatti, si dovrà fondare il Palazzo della terra coltivata, la Banca dei semi e il Tribunale internazionale dei diritti della terra coltivata».
BIOECONOMIA – Azioni di integrità ecologica per compensare gli squilibri ambientali. E che per funzionare dovrebbero essere seguite anche dall’economia. «Per cambiare rotta»,afferma Francesco Bertolini, docente all’Università Bocconi e presidente del Green Management Institute, «è necessario cambiare paradigma. Sviluppando un modello bioeconomico che, per non spezzare l’equilibrio, restituisca all’ambiente quello che prende. Ispirato al ciclo naturale invece che al guadagno». Cambiamenti che passano dall’attenzione ai terreni, all’uso delle energie rinnovabili fino alla razionalizzazione delle risorse idriche. Senza dimenticare in tutto questo il ruolo centrale della politica. «In questo momento», afferma Dipak Raj Pant, docente di sistemi economici comparati all’Università Cattaneo, «si sente ovunque la mancanza di governo. Al punto che il suo ruolo di protezione è stato dimenticato. Mentre invece, nel caso della produzione di cibo, si sentono benissimo l’influenza della speculazione e la sconfitta del pensiero sociale». Un approccio, secondo il professore, incentrato sui bisogni della finanza piuttosto che sulle necessità degli esseri umani. Ma per cui è ancora possibile fare qualcosa, grazie anche agli effetti della crisi economica che hanno spinto le persone a rivedere la propria scala dei valori. «Quello che si può fare», conclude Pant, «è condividere le esperienze. Agendo soprattutto a livello locale con progetti di agricoltura sostenibile. Esempi che poi potranno diventare modelli e essere diffusi a livello planetario».